I racconti dei cacciatori di acquatici
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  Ci sono i fischioni, ci sono i fischioni! Fate piano più piano!
In quella stagione non li avevamo ancora visti e a Giorgio cominciavano a tremare le mani.
La solita storia consisteva, adesso, nel cercare che gli altri due facessero poco rumore, infatti, ognuno sentiva solo il ‘‘fracasso’’ che facevano gli altri due.
Augusto, detto Gù per non far rumore, aveva poi una splendida giacca di piumino, appena comperata, che aveva, però, il grosso difetto di frusciare ad ogni movimento e la cosa ci faceva imbestialire.
Quella mattina, (e ci vuole un bel coraggio a chiamare mattino le quattro e mezza nel mese di Novembre) sembrava nata sotto una cattiva stella: Gù aveva fatto cadere la sbarra di ferro che chiudeva la stradina, e Giorgio, detto Giò sempre per far poco rumore, aveva sbattuto il cofano del nostro fuoristrada che come al solito non voleva chiudersi con le buone.
Bisogna dire che, però, in passato, quando le cose sembravano essersi messe male poi spesso si aggiustavano inspiegabilmente.
A Giorgio una volta partì inavvertitamente un colpo mentre caricava e poi arrivati nella tesa col morale sotto le scarpe la trovammo invece piena di uccelli.

Adesso, però, cercavamo di scovare, con i binocoli, quel maschio che fischiava là in fondo, tra le cannette: era solo o c’era fose tutto il volo?
Augusto aveva già intravisto almeno sette uccelli ma poi subito si era accorto che erano le solite zolle, i soliti ‘’motti’’, che affioravano dall’acqua bassa.
Anch’io, che mi sono sempre dato un sacco d’arie da specialista, non riuscivo a vedere altro che ‘‘motti’’.
Giorgio, invece, alternava qualche ‘‘son già andati via, porca...!’’ a ‘‘no, no, li sento ancora!’’ e il tempo non aveva nessuna intenzione di passare.
Molte volte avevamo vissuto queste tensioni, ma ho imparato che nella tesa ogni giorno è diverso: gli animali cercano sempre di fregarti in modi diversi: ma altrimenti che gusto ci sarebbe?.
Ma eccoli finalmente, avevano finito di dormicchiare ed ora venivano nel chiaro a pasturare.

Giò cominciò a dire: ‘’chi conta?’’, Gù invece: ‘‘fermi, fermi!’’, e quei sei paperi avanzavano in fila indiana come presi da una decisione improvvisa.
Dalla destra, adesso, arrivava il canto di un germano e la Gemma, il mio richiamo preferito, che sino ad allora si era contenuta con pochi ‘‘meet, meet’’ aveva perso ogni inibizione e stava decisamente dando il meglio di sè.
‘‘Aspetta, che adesso arrivano anche i germani’’, ammoniva Gù; ‘‘io invece adesso sparo, mi avete stufato!’’ tuonava Giò, e mentre la situazione precipitava arrivò finalmente il momento di tirare.
L’alba arrivò così anche quel mattino, insieme alle velocissime alzavole, poi più nulla e per noi un altro bel ricordo.

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